UNA misura il mercato della comunicazione in Italia per valutarne gli scenari evolutivi

La nuova fotografia di UNA e Università di Pavia del mercato della comunicazione censisce 10.598 imprese per un valore complessivo, nel 2020, di 15 miliardi

L’associazione UNA che raccoglie le principali strutture di comunicazione in Italia ha varato, in collaborazione con l’Università di Pavia, una ricerca di scenario per definire i nuovi perimetri, le tendenze e le prospettive del mercato. Il progetto, che dà il via all’Osservatorio UNA sulle aziende della comunicazione, intende esplorare in via continuativa le dinamiche della industry, dopo l’ultima ricerca di questo genere realizzata nel 2014, per capire elementi critici come il gender gap e l’impatto della pandemia e per identificare i nuovi profili emergenti. Obiettivo, quest’ultimo, condiviso con l’ateneo che alla comunicazione dedica due master e che per questo ha necessità di indirizzare correttamente l’offerta formativa.

L’indagine, durata un anno, ha permesso di costruire una sorta di banca dati, alimentata da un sistema di machine learning che nel tempo sarà in grado di affinare la ricerca.

La nuova fotografia del mercato censisce 10.598 imprese per un valore complessivo, nel 2020, di 15 miliardi di euro – pari al 5 per mille del PIL – e 26mila occupati. La stragrande maggioranza delle imprese ha piccole e piccolissime dimensioni: oltre il 40% conta da 3 a 5 dipendenti, quasi il 45% ne ha meno di 3, mentre i soggetti di medie e grandi dimensioni (più di 50 dipendenti) pesano poco meno dell’1% anche se producono il 57% del fatturato complessivo del comparto.

Margine di profitto in % per classe dimensionale (2018-2020)

Polarizzato e frammentato, il settore della comunicazione è costituito prevalentemente da aziende dell’adv, i centri media sono una porzione minoritaria, ma assorbono una quota molto rilevante del totale produzione, mentre l’area PR appare meno specializzata. Milano è la capitale dell’adv con il 47% delle imprese, seguita dal polo romano (11%), quello torinese (8%) e quello veneto (5%), mentre nel Sud, ad eccezione dell’area pugliese che raccoglie il 4% delle imprese, le presenze sono decisamente più sporadiche.

Il gender gap, come aveva già evidenziato il report UNA ‘Il mercato del lavoro nel settore della comunicazione italiana’, è evidente solo nei board delle strutture della comunicazione, dove la presenza delle donne arriva a un mero 30%, contro una forza lavoro femminile superiore alla media nazionale.

La trasformazione digitale non è completata nei fatti, ma altamente desiderata e accolta con attenzione.

L’impatto della pandemia ha prodotto nel 25% degli intervistati una moltiplicazione dei servizi offerti, concentrati nella maggior parte in abito digitale, per l’80% in area social media management e per il 53% nella creazione di competenze SEO. Anche il numero dei clienti in certi casi è aumentato – il 48,5% dichiara un incremento del 10% – ma senza una corrispondente crescita del fatturato se non per un esiguo 6%. Un’azienda su 5 dichiara una perdita non ancora recuperata.

Le figure professionali più ricercate riguardano progettazione e gestione di piattaforme digitali (42%), la gestione dei social (37%), l’ottimizzazione SEO e SEM (31,5%) l’analisi dei dati (31,4%). Seguono le professioni grafiche e servizio clienti (27%), mentre 1 su 5 ricerca profili di produzione audio/video.

Nel periodo post-pandemico è attesa una crescita rilevante dei profili di analisi strategica accanto a una rinnovata importanza delle competenze nella creazione di contenuti.

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UNA misura il mercato della comunicazione in Italia per valutarne gli scenari evolutivi ultima modifica: 2021-12-14T10:52:43+01:00 da Redazione

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