Programmatic e creatività, opportunità scalabile per una comunicazione che è più dialogo che pubblicità

 Il programmatic non è la morte della creatività ma è una porta che si apre, offrendo insight in più. A IF! Italians Festival Google ha spiegato con il supporto di tante case history il suo valore aggiunto

Nei mercati più maturi l’acquisto di pubblicità attraverso il programmatic buying è già la metà della spesa digitale totale. Un trend che arriverà anche in Italia dove però oggi i casi in cui il programmatic viene applicato alla creatività sono ancora rarissimi, vuoi per scarsa conoscenza delle opportunità o per diffidenza ma anche per la mancanza di profili professionali nelle aziende in grado di affrontare questa rivoluzione.

Marianna Ghirlanda e Ludovica Barontini
Marianna Ghirlanda e Ludovica Barontini

 

«Le agenzie ci chiedono spesso come portare valore aggiunto – ha spiegato Marianna Ghirlanda, head of creative agencies di Google – Il programmatic può essere messo al servizio della creatività secondo due punti di vista: quello dei marketer che oggi hanno a disposizione un immenso focus group, in Italia è pari a 30 milioni di individui, per identificare e rispondere a bisogni. Oggi i dati sono ben utilizzati post campagna ma poco o nulla per progettarla a monte e meno ancora per ottimizzarla in tempo reale, nel quadro di un processo creativo che è diventato circolare. Dal punto di vista dell’utente invece bisogna considerare come l’esperienza sia composta da micro-momenti, con ricerche e bisogni creati da necessità improvvise. La chiave – anche per evitare l’insofferenza degli utenti davanti alla pubblicità – è rispondere alle loro necessità con messaggi rilevanti, utili e pertinenti».

Il 60% degli utenti inoltre non ricorda infatti l’ultimo messaggio pubblicitario a cui è stato esposto ma davanti all’esposizione a un contenuto bello e gradito il brand recall aumenta esponenzialmente. E’ un fenomeno da cui deriva una concezione di marketing completamente diversa: alla pubblicità si sostituisce il dialogo, per raggiungere gli obiettivi di sempre.

«Le migliori campagne che beneficiano di dati e programmatic nascono da data driver storytelling, che permette di conoscere il target e i suoi interessi e parlargli nel momento giusto, sono multiscreen all’origine, vista la crescita esponenziale della navigazione da mobile, e sfruttano completamente le possibilità della misurazione» ha aggiunto Ludovica Barontini, sales manager di DoubleClick.

La creatività è anche quell’ingrediente che permette di creare i ‘media first’: la tecnologia è uguale per tutti, cambia l’uso che se ne fa e sta al brand e alle sue agenzie individuare i modi per sfruttarla al meglio e fare la differenza.

«Conoscere i dati e intervenire in maniera dinamica è un’opportunità scalabile, a seconda dell’audience e del contesto – conclude Ghirlanda – . Il programmatic non è la morte della creatività ma è una porta che si apre, offrendo tantissimi insight. Oggi la creatività è responsabile al 50% della performance di una campagna. Secondo noi invece è la killer application che dà al messaggio la possibilità di far funzionare, e deve essere più bilanciata rispetto alla parte media. Come dire, “no creativity, no party”».

Programmatic e creatività, opportunità scalabile per una comunicazione che è più dialogo che pubblicità ultima modifica: 2015-11-09T12:25:07+01:00 da Redazione

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