La lista dei brand in fuga dai social si allunga. Un terzo dei big spender potrebbe aderire al boicottaggio

La campagna di boicottaggio Stop Hate for Profit sta continuando a raccogliere partecipanti di peso tanto che la WFA ha lanciato una survey tra i suoi associati: un terzo ha aderito o sta per farlo, il 41% ci sta pensando

Dopo Verizon, Unilever, Coca-Cola, Diageo, Starbucks, Levi’s, e poi ancora a inizio settimana Adidas, Honda, Ford, HP, si allunga la lista delle aziende che hanno aderito al boicottaggio di Facebook e che alcuni hanno esteso a YouTube, Snapchat e Twitter. E non finirà qui, perché il regolamento di conti degli inserzionisti con le grandi piattaforme social ha alle spalle parecchi pregressi.

Anzi, secondo Stephan Loerke, chief executive della World Federation of Advertisers, “candidamente, mi sembra un punto di svolta. La cosa impressionante è il numero di brand che stanno rivedendo l’allocazione delle strategie nel lungo periodo e chiedono un cambio strutturale delle piattaforme per affrontare intolleranza razziale, hate speech e contenuti dannosi”.

Secondo quanto scrive il Financial Times, l’associazione ha sondato l’opinione dei suoi membri e trovato che un terzo dei più importanti brand a livello globale sospenderanno le loro pianificazioni sui social media (il 5% l’ha già fatto, il 26% sta per farlo) mentre il 41% è ancora indeciso. Un altro 29% dà la scelta per improbabile e il 17% dice che non ridurrà la spesa sulle piattaforme. Il sondaggio ha coinvolto tra il 25 e il 26 luglio 58 membri della WFA che mettono insieme investimenti pubblicitari per 92 miliardi di dollari.

Ancora a maggio, ma reso noto adesso, Microsoft aveva fermato gli investimenti su Facebook anche se la scelta non è in relazione alla campagna #StopHateForProfit ma dovuta al timore di apparire a fianco a contenuti inappropriati, soprattutto in questi mesi in cui la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi si sta scaldando.

Secondo Loerke la ‘pausa’ si protrarrà oltre il mese di luglio, come inizialmente previsto dalla campagna #StopHateForProfit, nonostante il ceo di Facebook Mark Zuckerberg abbia annunciato contromisure per vietare gli insulti razzisti. Il boicottaggio, insomma, è solo la punta dell’iceberg della relazione problematica dei brand con la piattaforma – vedi trasparenza sui dati, portabilità degli stessi per poterli confrontare con gli altri media, il controllo e la verifica di terze parti – e potrebbe essere un punto di non ritorno per il ‘walled garden’, nonostante la maggior parte dei suoi ricavi arrivino non dalle multinazionali big spender ma dalle piccole e medie imprese.

Nonostante lo scetticismo di molti professionisti del marketing – un commento diffuso tra i più cinici è che così si abbasserà il CPM – la cosa importante è che “il tema non è più circoscritto ai soli responsabili media ma sta coinvolgendo anche i direttori marketing e gli amministratori delegati” commenta Loerke.

E le agenzie? Qualcuna sta supportando i clienti nel boicottaggio, come Goodby Silverstein & Partners che scrive su Twitter “Smetteremo di pubblicare post su Facebook nel mese di luglio per protestare contro la propagazione irresponsabile della piattaforma di hate speech, razzismo, informazioni di voto fuorvianti. Stiamo incoraggiando sia i clienti che i nostri dipendenti a fare lo stesso”. 

La lista dei brand in fuga dai social si allunga. Un terzo dei big spender potrebbe aderire al boicottaggio ultima modifica: 2020-07-01T11:15:12+02:00 da Redazione

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