UPA mette ordine nei KPI per la comunicazione, sistematizza il metodo di lavoro e chiarisce ambiguità

L’associazione degli utenti pubblicitari ha presentato ufficialmente il progetto condotto da Paola Furlanetto, Alberto Vivaldelli e le aziende della commissione mezzi. Già a disposizione degli associati, il materiale sarà disponibile (ma a pagamento) anche per le aziende che non lo sono

Misurare l’efficacia della pubblicità è essenzialmente un problema di metodo, ma in definitiva non c’è nulla di più soggettivo, a seconda dei dati, delle fonti utilizzate e della cultura aziendale. Dare un mainframe che racchiuda tutte le variabili utili a costruire una marca è stato infatti l’obiettivo di UPA nella realizzazione del progetto ‘KPI per la comunicazione commerciale’, frutto del lavoro dell’associazione insieme al responsabile scientifico Paola Furlanetto, il coordinatore Alberto Vivaldelli e il contributo di molti rappresentanti delle aziende parte della commissione mezzi.

Lorenzo Sassoli de Bianchi

«Nel 2016, 259 delle aziende top 500 di Forbes riportano fatturati in calo – ha spiegato il presidente dell’UPA Lorenzo Sassoli de Bianchi – bisogna dunque rendere più efficace il marketing e misurare meglio la sua efficacia. Abbiamo cercato di estendere la nostra analisi a quante più variabili possibili e nello stesso momento condensarle, disambiguando i termini che possono avere diverse interpretazioni. Inoltre è un progetto in costante evoluzione, che procede in modo sperimentale e lascia spazio all’intuizione. Infine si applica a tutta la comunicazione, senza distinzioni tra mezzi digitali e ‘tradizionali’ e finalità di branding o di performance. Perché esiste una sola comunicazione pubblicitaria declinata con tecnologie, device e linguaggi differenti che ha sempre lo stesso obiettivo: quello di  costruire marche forti e vendere al meglio prodotti e servizi».

Dal lavoro sono emersi 351 KPI, al netto dell’opera di disambiguazione e chiarimento degli acronimi con molteplici significati. Questi sono stati inseriti in una mappa di analisi da utilizzare in funzione di diversi obiettivi di marketing (14 quelli individuati) e strumenti di comunicazione (advertising/display, native, paid search, social, owned media, email, eventi, PR). Il tutto verrà spiegato con appositi tutorial.

Oltre a suggerire un metodo di lavoro, il progetto aiuta le aziende su diversi fronti: favorisce la collaborazione tra le varie funzioni aziendali, tra filiale italiana e casa madre e tra azienda e agenzie (le quali non aspettano altro che ricevere brief con KPI ben delineati), razionalizza in un’unica fonte i KPI della stessa natura e distingue le metriche imprescindibili da quelle poco significative, le cosiddette vanity metrics, o usate a sproposito.

Accanto ad efficienza ed efficacia, nel 2017 è emersa forte la tematica della minimizzazione dei rischi. Tema caldo, che periodicamente assume nuove forme come brand safety o adblocking o adfraud, giusto per utilizzare delle buzzword che contribuiscono a creare delle ‘mode’. «Accanto alle metriche classiche – spiega Paola Furlanetto – sulla spinta della cronaca e all’emergere di scandali nuovi KPI si impongono nell’agenda delle aziende. Allo stesso modo, anche il metodo di lavoro si evolve in continuazione. Fermi restando tre must have, come la metrica, la fonte che non deve essere autoreferenziale e soprattutto il periodo di riferimento”.

Il progetto verrà divulgato pubblicamente il prossimo 25 ottobre, alle ore 15, presso il Centro Svizzero di Milano, durante il seminario a pagamento UPA “KPI – Key performance Indicator”. Nei giorni successivi i materiali saranno disponibili sempre a pagamento sul sito dell’associazione.

UPA mette ordine nei KPI per la comunicazione, sistematizza il metodo di lavoro e chiarisce ambiguità ultima modifica: 2017-10-11T10:09:36+02:00 da Redazione

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