La brand bravery è anche questione di organizzazione, agilità e visione a lungo termine

Ieri a Milano all’evento Contagious Live Italy, organizzato da Wingage, il team della sigla di strategia e creatività londinese Contagious ha condotto una densa mattinata spiegando il nesso tra i migliori esempi di comunicazione e un’organizzazione aziendale basata su principi solidi. Nel pomeriggio, invece, una ‘palestra del coraggio’ con i best case italiani

“Coraggio come condizione necessaria per avere successo, per uscire dai territori già esplorati, dai silos organizzativi e dai cliché che non attirano più l’attenzione di nessuno”. Questo il tema della prima edizione di Contagious Live Italy, organizzato ieri a Milano da Wingage con un approccio fluido tra marketing, HR e organizzazione aziendale, “la zona di confine più bella da esplorare”, come spiega la managing director Annalisa Galardi, dalla quale, come è stato dimostrato ampiamente durante la giornata, possono nascere i più bei casi della comunicazione contemporanea.

Annalisa Galardi

Ad analizzarli ed esporli il team di Contagious, sigla di strategia e creatività londinese, tra i 10 comandamenti della comunicazione ‘contagiosa’, i trend degli ultimi Cannes Lions, rapporto tra Ai e creatività e concetti come ‘agile long-termism’.

«Come esseri umani siamo portati ad evitare il rischio, è un istinto naturale – introduce Paul Kemp-Robertson, fondatore e direttore editoriale di Contagious -. Così un’idea creativa, nuova e per certi versi è rischiosa, spesso viene guardata con sospetto dal management». E siccome la creatività non vive in un compartimento stagno, i casi più emblematici e coraggiosi vengono soprattutto da quello aziende che hanno alla base un principio organizzativo, chiaro e semplice. E’ il primo dei ’10 comandamenti contagiosi” esposti nel libro di Kemp-Robertson ‘Brand Bravery’, la cui edizione italiana è uscita in questi giorni con prefazione di Annalisa Galardi.

«Un principio organizzativo solido – purpose, ragion d’essere dell’azienda, o come lo vogliamo chiamare – è la colonna portante dell’attività aziendale e, fermo questo, a livello creativo e strategico lo si può declinare con agilità. Anche sconvolgendo asset distintivi» spiega il fondatore di Contagious, portando l’esempio di Patagonia ‘Don’t buy this jacket’ e il suo attivismo per l’ambiente, insieme a Coca-Cola ‘This Coke is a Fanta’ e Postobón ‘Our flavour has no race’, campagne per l’inclusione LGBT.

Paul Kemp-Robertson

Gli altri principi sono: Align with beavihour; Be useful, relevant and entertaining; Weaponize your audience; Ask heretical questions; Be generous: don’t ask what’s in it for your, ask what’s in it for them; Make trust sacred; Prioritise experience over innovation; Join the 5% club (ovvero le aziende che investono il 5% del budget in innovazione e test&learn); e in ultimo, Be Brave.

Curioso come l’ultimo esempio sia la storia della riqualificazione di Porto Madero, il quartiere più moderno di Buenos Aires, il cui successo è stato generato non tanto da una campagna pubblicitaria, ma da un ponte. Sì, un ponte disegnato da Calatrava diventato un landmark, la cui costruzione è stata suggerita dal direttore creativo Jorge Heymann. «Vuol dire che la pubblicità non deve essere per forza pubblicità, ma soluzioni di marketing a un painpoint».

Anche il concetto di ‘agile long-termism’ ha molto a che fare con il primo principio di cui sopra, come spiega Katrina Dodd, Head of Trends di Contagious.

Katrina Dodd

«Il problema che oggi affligge di più brand e agenzie è la velocità. Ma, come dice bene Sir Martin Sorrell, se evitare i rischi e rifugiarsi nel ‘short-termismo’ può essere comprensibile, è però totalmente sbagliato. Il ripiegamento sul breve termine ha fatto perdere efficacia alla creatività, come ha evidenziato una recente ricerca dell’IPA. Il concetto di agile long-termism ci sembra la risposta giusta per uscire dall’impasse: ovvero stabilire obiettivi di lungo termine, dando però ai team sufficiente agilità di movimento. E’ quel che accade in aziende di successo come Amazon – “Stubborn on vision, flexible on details” come vuole il fondatore Jeff Bezos -, Ikea, Pedigree o Nike».

George Wyndham

I valori polarizzanti in una società mai così polarizzata è uno degli argomenti trattati dal giornalista George Wyndham e anche questo ha a che fare con il principio chiave di volta aziendale. «Da Nike ‘Dream Crazy’ a Patagonia, da Coca-Cola a Bjorn Borg, vediamo che la polarizzazione aiuta a distinguersi e ed emergere a patto di fare realmente quello che si sostiene. Professando valori divisivi, l’azienda può guadagnare visibilità, share of voice, attenzione. Però deve prima valutare se tali principi siano ben chiari, da chi siano stati decisi e soprattutto se è pronta a difenderli fino alla fine».

Nel pomeriggio sul palco sono passate le esperienze italiane Francesca Vecchioni di Diversity, Carola Salvato di GWPR, Mario Verna di Ssang Yong, Graziano Giacani del Brand Festival di Jesi, Patrizia Manganaro di Everis, Elisa Mereatur di Pastiglie Leone, Nicola Ferrajolo di YouGov insieme al comico e cabarettista Diego Parassole.

“Oggi abbiamo spesso la tentazione di cercare risposte in modo immediato attraverso la tecnologia, confondendo il fine con il mezzo. Ma le soluzioni ‘facili’ non generano innovazioni e miglioramento – ha esordito Mario Verna, direttore generale SsangYong Motors Italia -. Nel settore automotive, ad esempio, è scattata la Lead-Mania, ovvero si è pensato che bastasse collezionare lead per rispondere alle trasformazioni avvenute nel processo di acquisto delle vetture, mentre la chiave è nel cambiamento radicale delle relazioni con i clienti. Come? Noi di SsangYong puntiamo su una strategia costruita sul fattore umano: abbiamo scelto, coraggiosamente, di parlare a pochi, intessendo delle relazioni stabili e di valore”.

In uno stimolante ‘Dialogo sull’identità dell’impresa’ si sono confrontati Graziano Giacani, ideatore del Brand Festival di Jesi, ed Elisa Mereatur, responsabile marketing Pastiglie Leone.

“Per varie ragioni a volte accade che l’identità di marca venga sacrificata sull’altare della produttività, della creatività, della tecnologia, invece è importante concentrarsi sull’esperienza unica che ogni azienda può offrire – ha spiegato Graziano Giacani -. Il Brand Festival, nato come un esperimento, obbliga i partecipanti a un confronto utile a ridefinire i nostri valori: la cultura è fondamentale per il concetto di marca e non dobbiamo dimenticarci che quella italiana può essere valore differenziante in tutto il mondo”.

“Pastiglie Leone è nata nel 1857 e ha avuto il coraggio di restare sé stessa per 162 anni e allo stesso tempo di evolvere. È questa la nostra sfida quotidiana – ha detto Elisa Mereatur -.  Dai tre gusti originali si è passati ai 42 attuali, ma la celebre scatoletta è rimasta identica e si è così impressa nella mente dei consumatori da far identificare l’azienda con il prodotto, nonostante l’offerta di Pastiglie Leone sia più ampia. Il nostro prossimo atto coraggioso sarà debuttare nel segmento del cioccolato con Grezzo Leone, realizzato sulla base di una ricetta del Settecento”.

‘Uno di due’ il titolo dello speech di Carola Salvato, Ceo di Havas Life e presidente del capitolo italiano di GWPR, associazione impegnata a diffondere la cultura del valore della diversità.

“Noi siamo ‘uno di due’ perché abbiamo due nature, maschile e femminile, siamo coraggio e paura. L’inclusione della diversità è un atto di coraggio perché è un atto di coraggio lasciare che ciò che non comprendiamo entri nella nostra vita. Ma la crescita inclusiva è un impegno sociale: gli economisti definiscono l’inclusione femminile fondamentale per far crescere economia – ha affermato Carola Salvato -. Il primo atto coraggioso da compiere però è verso noi stessi. Nascere per diventare un essere umano capace di amarsi, stimarsi e rivelare sé stesso. Commettiamo un grave errore se pensiamo che ciò che possiamo essere ora è tutto ciò che siamo capaci di essere. Non fatelo, anzi smettete di farlo, da adesso. Insieme, uomini e donne, siamo più forti”.

Inclusione e diversità i temi al centro del botta e risposta con Patrizia Manganaro, executive director Everis Italia, e Francesca Vecchioni, presidente di Diversity.

“Everis crede molto nel valore dell’inclusione e ha avviato un progetto per l’inserimento in azienda delle persone affette da sindrome di Asperger – ha spiegato Patrizia Manganaro -. È un piccolo passo, ma è importante iniziare dai piccoli cambiamenti in questa direzione e avere il coraggio di non mollare per riuscire alla fine a ottenere una grande trasformazione”.

“Studi dimostrano che la percezione dell’inclusività di un brand da parte dei consumatori è direttamente collegata alle revenue, un dato importante, perché spesso i manager non si rendono conto del valore reale che inclusione e diversità portano all’interno delle aziende – ha sottolineato Francesca Vecchioni -. Certo, il coraggio richiede fatica: è più difficile dialogare con chi è diverso e spesso scegliamo chi ci assomiglia per comodità. Ma è impressionante come un piccolo spostamento in questa direzione possa modificare a cascata molti altri aspetti, con notevoli effetti positivi anche sul business”.

Ma i brand coraggiosi vengono apprezzati? Sono soprattutto le fasce più giovani della popolazione a preferire le marche che prendono posizione su temi di rilevanza politica e sociale. Persone che fanno un utilizzo intenso dei social media e che si informano principalmente su testate giornalistiche online. Lo ha messo in evidenza nel suo intervento Enrico Ferrajolo, country manager Italia YouGov.

Momenti di svago ma anche di riflessione sono stati assicurati grazie alla presenza di Diego Parassole, ‘comico-serio’ che ha coinvolto i partecipanti in una ‘palestra del coraggio’ svelando alcune delle trappole mentali che ci impediscono di abbandonare le strade già note.

La brand bravery è anche questione di organizzazione, agilità e visione a lungo termine ultima modifica: 2019-10-10T10:41:44+02:00 da Redazione

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