Nielsen, i danni dell’underspending media sotto la lente del primo studio globale sul ROI

Razionalizzare gli investimenti pubblicitari è un’operazione che richiede un intenso studio, per non danneggiare brand e quote di mercato. Michele Strazzera, Commercial Leader NGA & Portfolio International (Ad Intel International) di Nielsen, ci ha raccontato gli highlight del nuovo studio globale sul ROI, contestualizzandoli nella situazione di mercato attuale

In tempi di crisi ogni euro di investimento pubblicitario conta. E, oggi più che mai, è bene che quell’euro sia giustificato da un un ritorno, il quale però non è così scontato. Secondo Nielsen, che ha appena pubblicato il suo primo report globale sul ROI, una delle principali lacune dei piani media che compromettono i ritorni sugli investimenti delle aziende è quella di sottoinvestire determinati canali, vanificando di fatto gli sforzi compiuti. La spesa deve infatti essere più elevata per raggiungere gli obiettivi e generare rendimenti.

Non significa certo che le aziende debbano spendere più di quanto possano permettersi in questo frangente, ma che ogni investimento deve essere studiato in modo che esprima il suo massimo potenziale. E che se taglio deve essere, che almeno venga fatto con criterio.

Brand News ha parlato con Michele Strazzera, Commercial Leader NGA & Portfolio International (Ad Intel International) di Nielsen, che ci ha raccontato gli highlight del nuovo studio sul ROI, contestualizzandoli nella situazione di mercato attuale caratterizzata da una generale incertezza e possibili tagli di budget.

Michele Strazzera, Commercial Leader NGA & Portfolio International (Ad Intel International) di Nielsen

«È chiaro che una recessione ci sarà e che l’Europa pagherà dazio. Gli investimenti pubblicitari vanno di pari passo alla capacità di spendere delle aziende e della confidence dei consumatori e né l’una né l’altra sono a livelli alti. Dunque è probabile che possa verificarsi una riduzione degli investimenti, anche se i centri media a livello globale stimano una chiusura d’anno con una crescita intorno a +8-9%, anche a causa della coincidenza della Coppa del mondo di calcio col Natale, un fenomeno del tutto nuovo che andremo a studiare. E anche per il 2023 i dati previsti non sono negativi. Detto questo, siamo consapevoli che in Italia e in Europa le aziende subiscano forti tensioni per la crescita dei prezzi. Tagliare gli investimenti è sempre rischioso per gli impatti non banali sulla quota di mercato e la brand equity. Ripensare gli investimenti è invece una soluzione possibile, decurtando ma indirizzando meglio, provando, in un contesto di frammentazione, i canali che generano più ROI».

È proprio questo aspetto che va a indagare lo studio di Nielsen, affinché le aziende prendano le loro decisioni non ‘a naso’ ma sulla base di dati documentati e indipendenti, aiutandole a capire dove possono togliere e dove invece ottimizzare.

La formula del ‘gap 50-50-50’. Nielsen ha individuato dei gap che concorrono nel vanificare l’efficacia degli investimenti media delle aziende, i metodi per invertire la rotta e li ha riassunti nella formula di facile presa ’50-50-50’. Significa che, mentre il 50% dei piani media è sottoinvestito di una mediana del 50%, il ROI può essere migliorato del 50% con un budget ideale.

«Nell’analisi generale, che ha incluso numerose industry e paesi, abbiamo verificato che, fatto 100 l’investimento delle aziende, circa il 25% aveva una dimensione di investimento corretta, il 25% risultava in overspending mentre il 50% stava investendo di meno – spiega Strazzera -. La misura di questo underspending è risultata mediamente inferiore del 50% rispetto alla combinazione più efficace. E il terzo ’50’ lo abbiamo ricavato valutando quanto sarebbe migliorato il ROI se queste aziende avessero speso il giusto, appunto del 50%».

Underspending penalizzante. Dallo studio emerge anche un altro dato interessante. «È più penalizzante per un’azienda essere in underspending rispetto che spendere più del necessario. Se infatti si fosse speso quanto necessario, il ROI sarebbe cresciuto del 50%. Nel secondo caso, invece, l’incremento sarebbe solo del 4%. Il senso di questo studio è portare le aziende a riflettere e a dirottare l’overspending sui canali che potrebbero dare più risultati».

Le differenze regionali all’interno dello studio vedono in Europa una quota minore di aziende in underspending, pari al 31%, un dato probabilmente dovuto al fatto che esiste una maggior cultura verso gli studi sul ROI. «È altresì vero che le possibilità di crescita sono inferiori: riguardo al terzo ’50’, vediamo che se le aziende europee avessero speso il giusto la crescita del loro ROI sarebbe solo del 25%» precisa Strazzera.

Marketing full-funnel. Solo il 36% dei canali media genera profitti e metriche di mercato sopra la media. Per aumentare il ROI, i marchi dovrebbero perseguire una strategia equilibrata sia per le iniziative upper-funnel che per quelle lower-funnel.

Media emergenti. Lo studio ha evidenziato come canali emergenti possano dare risultati interessanti, ma le spesso le aziende evitano di sceglierli senza la prova che funzionino. Ad esempio annunci nei podcast, l’influencer marketing e i contenuti branded possono generare oltre il 70% di ricordo sollecitato del marchio e il ROI dell’influencer marketing è paragonabile al ROI dei media tradizionali. Resta fermo il fatto che spendere piccoli importi può non essere sufficiente per analizzare i risultati.

«Oggi pianificare è molto più complicato, è importante rivolgersi alle audience giuste e capire quale possa essere il canale più efficace. E il branded content fatto bene consente di veicolare una proposta molto targetizzata – spiega Strazzera -. Noi possiamo misurare qualunque tipo di situazione come input, aiutando le aziende a pianificare mezzi meno battuti, come ad esempio i podcast. Se fino a qualche tempo fa si pianificava un po’ con il pilota automatico, adesso ci vuole molto più studio per avere la prova di quanti risultati porta ciascun canale. E un’analisi fatta da una struttura terza, indipendente, come Nielsen o altri istituti, cerca di fare gli interessi del cliente che promuove lo studio».

ROI anche per gli editori. Identificare i risultati che una pianificazione porta a un’azienda può inoltre essere utile agli editori per definire la strategia di attribuzione del prezzo della loro inventory, sia rispetto ai player concorrenti diretti, sia rispetto ad altri canali.

Misurazione dell’audience. Lo studio ha rilevato infine che solo il 63% degli annunci pubblicitari su desktop e mobile raggiungono l’audience desiderata in termini di età e sesso negli Stati Uniti. Vale a dire che, sui canali con la qualità e la copertura dati più completa, oltre un terzo dell’investimento pubblicitario non coglie nel segno. Da qui l’indicazione di dar la priorità alle soluzioni di misurazione che coprano tutte le piattaforme e tutti i dispositivi e che forniscano informazioni quasi in tempo reale.

Lo studio sul ROI di Nielsen diventerà un appuntamento annuale. I risultati del report sono stati generati da Nielsen utilizzando una vasta gamma di metodi di misurazione, tra cui i modelli di marketing mix, gli studi sull’impatto del brand, i piani di marketing e i dati di spesa, gli studi sui modelli di attribuzione e gli Ad Ratings raccolti negli ultimi anni. Nella maggior parte dei casi, i risultati sono stati organizzati in database normativi o meta-analisi su un campione di studi per produrre approfondimenti rappresentativi dell’esperienza di Nielsen, fornendo a responsabili marketing, agenzie e venditori del settore dei media una visione più completa dell’efficacia dei media rispetto all’esperienza di un’unica azienda.

Nielsen, i danni dell’underspending media sotto la lente del primo studio globale sul ROI ultima modifica: 2022-11-03T10:42:26+01:00 da Redazione

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