Verso la fase 2. We Are Social prova a immaginare la nuova a-normalità che uscirà dall’emergenza covid

Il sesto incontro WTFuture di We Are Social si è tenuto online sul tema degli scenari che aspettano persone, brand e piattaforme nel lento processo di contenimento del contagio e ritorno alla vita ‘fuori-casa’

Man mano che ci avviciniamo alla ‘fase 2’, la domanda che umanamente ci poniamo è quando potremo tornare a muoverci in libertà, mangiare al ristorante, entrare in un negozio, andare – pensa un po’ – al cinema. Tornando a ragionarci su la domanda “quando tornerà tutto come prima?” potrebbe però non essere quella giusta. Perché il mondo potrebbe non tornare esattamente quello di prima, ad emergenza finita, e quand’anche saranno le persone ad essere cambiate, con abitudini nuove acquisite in questo periodo e aspettative diverse verso i brand.

Di questo si è parlato durante l’incontro WTFuture organizzato online da We Are Social con la partecipazione di Luca Della Dora, Innovation Director, Bruno Tecci, Head of Strategy, Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, Co-Founder e CEO dell’agenzia, e Mariano Di Benedetto, Agency Lead di Facebook Italia.

Il punto è questo: probabilmente nel prossimo futuro verrà ridisegnata una ‘nuova normalità’, o a-normalità, nella quale convivranno abitudini e attitudini che i cittadini hanno acquisito accanto a obblighi e restrizioni ci auguriamo via via più lievi, brand e servizi che in questo periodo hanno trovato un’occasione di riposizionamento e un nuovo modo di proporsi ai cliente, soluzioni ideate in questi giorni e che torneranno utili anche dopo.

«Le misure temporanee sopravvivono alle emergenze ed entrano nella nostra quotidianità» commenta Luca Della Dora. Come il distanziamento sociale, che ha stimolato un boom nell’utilizzo delle piattaforme digitali, unico tramite con famigliari, amici, colleghi e contatti di lavoro per colmare la distanza fisica.

Lo conferma Di Benedetto, che riporta numeri impressionanti: una crescita del 1000% nelle video chiamate, +70% del tempo speso su tutte le app di casa Facebook, visualizzazioni dei live raddoppiate, non più solo brevi ma longo form. Pochi giorni fa Mark Zuckerberg ha raccontato che solitamente il picco di traffico è a capodanno, adesso il picco  tutti i giorni della settimana weekend inclusi. Anche le aziende durante il lockdown hanno cambiato modo di proporsi. «L’ecommerce ha avuto una crescita improvvisa, con l’abbattimento di quelle che prima erano le principali barriere, come usare strumenti di pagamento elettronici. Il 40% di chi compra sono inoltre nuovi buyer. Si compra di più e da più aziende che prima non avremmo preso in considerazione, dalle grandi al minuscolo negozio sono casa che consegna gli ordini presi su WhatsApp» spiega Di Benedetto.

Anche la casa, oggi il centro del nostro mondo, è cambiata: da guscio, rifugio intimo, ora si trova ad essere palestra, bar, ufficio. Pubblico e privato si sono sovrapposti. Non si stenta a credere che, nella fase due, ci saranno aziende che creeranno situazioni e ambienti per garantire anche fuori il comfort della casa. E infine ci sono quelle aziende che stanno allargando le esperienze che possiamo fare da casa: ad esempio Airbnb con le sue esperienze online, l’ente del turismo delle isole Fær Øer che le fa visitare dallo smartphone degli abitanti, corsi per fare attività fisica di ogni genere ed eventi sportivi ricreati in digitale, dalla NBA al calcio e alle corse dei cavalli, per diventare occasioni di intrattenimento televisivo.

Le telefonate dei calciatori diventano anch’esse occasioni di intrattenimento casalingo, mentre in campo musicale sono nate delle piattaforme che segnalano dove sentire concerti live.

«Creatività e tecnologia insieme possono aiutarci a superare questo momento. Per i brand è importante farlo in modo intelligente e non invasivo: oggi lo schermo dello smartphone è ancora più importante perché è là dove incontrami amici, famiglia, lavoriamo e accediamo ai servizi. Se già in passato l’interruzione era negativa, ora viene percepita peggio» commenta Della Dora.

Insomma non ci sarà un post covid, ma un lungo abituarsi a qualcosa di nuovo, a una nuova normalità o a-normalità, nella quale i brand avranno un ruolo chiave: da quelli che si sono trovati naturalmente avvantaggiati dalla situazione, come i servizi digitali a chi è stato capace di attivarsi velocemente con l’ecommerce; ne usciranno bene anche quelli che hanno rivisto comportamenti che parevano consolidatissimi: tra questi Barilla che, senza cambiare modello di business, ha cambiato modo di comunicare affrontando il momento in modo rilevante; e infine quelli, di tutte le tipologia di business, che stanno rinnovando il modello di contatto con le persone.

«Si tratta di brand anche molto piccoli: a Milano ad esempio Il Mannarino, macelleria con cucina che ha avviato un’offerta di delivery molto forte, anche in comunicazione, e entrerà nel tessuto di business locale anche dopo il lockdown. Stanno piantando piccoli semini di posizionamento che fioriranno più avanti» dice Gabriele Cucinella.

Ottavio Nava aggiunge «Ci sarà un cambio di valori, in testa quelli di sicurezza e gli affetti, e i brand che sapranno intercettare i cambiamenti delle priorità e dei bisogni saranno percepiti in modo positivo. Ad esempio, nell’automotive invece che di lusso si dovrà parlare di altre feature. Laddove il prodotto non si adatta, il posizionamento di comunicazione può aiutare ad avvicinarsi ai bisogni delle prossime fasi».

Verso la fase 2. We Are Social prova a immaginare la nuova a-normalità che uscirà dall’emergenza covid ultima modifica: 2020-04-23T11:49:49+02:00 da Redazione

Related posts