Il 27% degli italiani online ha un Ad Blocker. Una ricerca di GroupM indaga il fenomeno

Invasività, poca rilevanza dei messaggi e rallentamento della navigazione i motivi che spingono al loro uso

In che fase del ciclo di vita si trova il mercato della pubblicità su Internet oggi? E come impatta sulla pianificazione media e sulla comunicazione in generale la diffusione di strumenti di contrasto della pubblicità come gli adblocker? Qual è il sentiment delle persone verso la pubblicità on-line? A partire da queste 3 domande GroupM ha realizzato una ricerca per misurare il valore e la sostenibilità della pubblicità digitale nell’era degli AD Blocking.

Il lavoro – condotto tra ottobre e novembre 2015 su un campione di 2000 casi rappresentativo della popolazione italiana con più di 18 anni, sul panel Toluna – ha analizzato anzitutto le conseguenze che la riduzione delle inventory causata dagli Ad Blocker – e la conseguente riduzione dell’efficacia pubblicitaria – può avere sui diversi attori della filiera pubblicitaria: publisher, advertiser e agenzie media.

il 27% degli italiani adulti online ha installato un ad blocker
Il fenomeno, impercettibile nel breve ma rilevante sul medio-lungo periodo, procede in modo lento ma continuo dall’estate 2012, quando le ricerche e le installazioni dei primi software di Ad Blocking escono dalle cerchie ristrette di esperti e iniziano a diffondersi in rete. Fino ad arrivare ad oggi quando, secondo i dati GroupM, le persone che dichiarano di avere installato un Ad Blocker su qualsiasi dispositivo raggiungono l’entità di 6,9 milioni, pari al 27% della popolazione italiana adulta online.

adblocking 1

Le persone consapevoli dell’argomento sono il 55%. Al momento il fenomeno non incide ancora allo stesso modo su tutte le fasce di popolazione: le installazioni di questi software sono più numerose sulle età centrali ed adulte (25-44 anni) ma raggiungono, com’è facile immaginare, la massima concentrazione sugli under 25, con una maggiore accentuazione delle fasce ancora più giovani per le donne.

adblocking 2

Federica Setti, chief  research officer di GroupM
Federica Setti, chief research officer di GroupM

Per comprendere le motivazioni che portano all’installazione di un AdBlocker GroupM ha indagato in profondità il punto di vista dei destinatari finali della comunicazione. In particolare, è stato analizzato il cosiddetto ‘patto pubblicitario’, ovvero quell’accordo implicito tra audience ed editori/inserzionisti che offre ai primi contenuti gratuiti in cambio di attenzione per i messaggi pubblicitari.

“E la buona notizia – Federica Setti, Chief Research Officer GroupM – è che questo patto viene ancora riconosciuto dalla maggior parte delle persone”.

Il 47% di chi naviga è consapevole del fatto che la maggior parte dei contenuti letti su Internet (news, intrattenimento, sport, cucina, etc) possono essere pubblicati grazie ai ricavi generati dalla pubblicità, contro un 34% di persone che capisce la necessità degli annunci pubblicitari pur restandone infastidita e un 7% di persone ideologicamente contrarie alla pubblicità. E solo una minoranza di chi ha installato un Ad Blocker è stato spinto da motivi “ideologici”, perché preoccupato dalla violazione della privacy (25%) o perché timoroso della propria sicurezza (19%), mentre il 41% l’ha fatto anche per una ragione pratica e funzionale, ovvero perché la pubblicità rallenta i tempi di caricamento dei siti.

adblocking 3

Ma il fatto che questo fenomeno possa essere arginato o addirittura recuperato è dimostrato dalle restanti motivazioni di installazione, che dipendono da temi strettamente legati all’ottimizzazione della pianificazione pubblicitaria: il 56% è stato mosso, infatti, dal bisogno di contenere l’invasività di alcuni formati pubblicitari, il 29% perché vede sempre le stesse pubblicità, il 26% perché infastidito da pubblicità non in linea con i propri interessi e il 20% perché esposto a pubblicità non pertinenti con il contenuto dei siti che stava navigando.

In sintesi, le persone che hanno installato un Ad Blocker, non sono contrarie a priori alla pubblicità ma stanno suggerendo un modello pubblicitario coerente con i benefici più rilevanti della rete: esperienza di navigazione facilitata, contenuti personalizzati, riduzione del rumore di fondo.

La ricerca si chiude, infine, con un’analisi sui formati pubblicitari. Dopo aver indagato l’anno scorso con la ricerca AdvFactor il ruolo dei formati cross-mediali nel processo di acquisto, GroupM approfondisce in questa occasione il livello di ricordo e il livello di accettazione dei principali formati pubblicitari pianificati on-line. Il risultato di questo studio è una matrice che identifica quali sono i formati che rendono l’esperienza di fruizione pubblicitaria più fluida e meno disturbante, e consentono di disegnare delle pianificazioni che ottimizzano le condizioni di ricezione del messaggio, minimizzando allo stesso tempo le motivazioni che potrebbero incentivare comportamenti di contrasto o di elusione della pubblicità on-line.

 

Il 27% degli italiani online ha un Ad Blocker. Una ricerca di GroupM indaga il fenomeno ultima modifica: 2015-12-01T11:45:47+01:00 da Redazione

Related posts