Cercare idee che trascendono le esecuzioni creative e vanno al di là dell’ovvio. La pubblicità ai tempi della diversità

In tutti i settori la diversità è un potente catalizzatore di creatività e innovazione, e lo è in special modo nella pubblicità. Carlo Cavallone, Direttore Creativo Esecutivo dell’agenzia 72andSunny Amsterdam, spiega perché la diversità è un bene per il business e il valore aggiunto che la multi-cultura porta ai progetti di comunicazione

di Carlo Cavallone, executive creative director di 72andSunny Amsterdam

Carlo Cavallone, executive creative director di 72andSunny Amsterdam
Carlo Cavallone, executive creative director
di 72andSunny Amsterdam

Di questi tempi si parla spesso di diversità, in molti ambiti, e si ascoltano molte opinioni. Con la globalizzazione, il movimento dei lavoratori, il progresso culturale, l’emancipazione, l’integrazione, etc, la diversità è ormai una componente importante della nostra società e dei nostri ambienti di lavoro. A questa conversazione, mi piacerebbe contribuire con la mia esperienza di italiano che ha vissuto e lavorato all’estero per ormai quasi quindici anni, sempre in ambienti piuttosto “diversi”.

A mio parere, un miscuglio di diversi generi, nazionalità, razze, età, religioni, orientamenti sessuali è un potente catalizzatore di creatività e di innovazione. E, potrei aggiungere che, per me, una multi-cultura batte di gran lunga una mono-cultura, ed è anche molto più interessante, stimolante e divertente come ambiente in cui lavorare.

La diversità crea uno scenario umano molto vario e complesso: un crogiolo – o un melting pot come si amava dire un po’ di tempo fa – di accenti locali, facce differenti, esperienze, preferenze musicali, gusti alimentari, ricordi d’infanzia e oscuri riferimenti culturali.

MONO-CULTURA VS MULTI-CULTURA

Si può creare, in una multi-cultura, quando funziona bene, una situazione unica in cui c’è un continuo contrasto che genera sempre qualcosa di diverso ed eccitante. Inoltre, la diversità può portare ad una migliore qualità di pensiero perché richiede, generalmente, di fare uno sforzo intellettuale maggiore. Mentre lavorare all’interno di una mono-cultura in pubblicità può rendere le persone pigre, con l’uso frequente e accettato di giochi di parole, luoghi comuni o onnipresenti riferimenti a show televisivi  che tutti conoscono, una multi-cultura invece richiede alle persone di incontrarsi su un terreno più elevato: idee che trascendono le esecuzioni creative e vanno al di là dell’ovvio.

E’ anche scientificamente provato che lavorare con persone di altri paesi o con background differenti è più faticoso perché per farci capire dobbiamo lavorare di più: ma la ricompensa è maggiore. Lo humor, per fare un esempio tipico in pubblicità, è difficile da far funzionare in un ambiente multiculturale, ma quando poi la stessa cosa fa ridere e convince un italiano, un inglese, un africano, giapponese e un sudamericano allo stesso modo, allora sai che hai in mano qualcosa di forte.

CAPIRE LE SFUMATURE DI CULTURE E COMUNITA’

Ma, oltre ad essere stimolante intellettualmente e culturalmente, è la diversità un bene per il business? Direi di sì. Il mondo è molto più frammentato e irregolare di quanto la globalizzazione vorrebbe farci pensare. Sempre di più i brand capiscono che non basta presentarsi con un mono-messaggio ovunque nel mondo ma, piuttosto, devono cercare partner che possono  capire le sfumature dei diversi mercati e culture regionali e, ancor più, le sfumature di diverse comunità che si riuniscono intorno a questioni specifiche, che hanno diverse passioni e interessi di nicchia.

LA BIG IDEA RIPENSATA PER EVITARE STEREOTIPI E CAMPANILISMI

Per esempio, e pensando al mio lavoro, per un brand di tecnologia globale che vuole espandersi in Germania, in Francia e in Inghilterra, ed entrare nella vita delle persone in maniera localmente rilevante ma mantenendo la sua identità unica, non c’è modo migliore di farlo che con una “big idea” che funziona ovunque, che travalica i confini nazionali, ma, al tempo stesso, con team creativi e strategici composti di Francesi, Tedeschi, Inglesi e anche “esterni” che applicano l’idea a livello locale e fanno attenzione a non cadere in triti campanilismi da una parte e non sterotipizzare dall’altra.

Insomma, non è più possibile ormai nel nostro mondo e contesto culturale generalizzare e cercare la “one solution that fits all”, non è più possibile parlare al pubblico in maniera indistinta e, di conseguenza, la diversità è una risorsa, umana, importante che aiuta a crescere e a creare meglio.

PROCEDERE PER PROVE ED ERRORI 

Un’ultima considerazione: creare e far funzionare la diversità al lavoro non è ovviamente sempre facile. Richiede pazienza, richiede di accettare di fare degli errori. Richiede un lavoro scrupoloso nel reclutamento e avere la forza di non assumere solo persone che comprendi immediatamente dal punto di vista culturale e che hanno una comprovata esperienza di successo. Quindi ci vuole lavoro e bisogna credere nella propria visione, bisogna voler cambiare le cose, visto che l’industria della pubblicità, per ora, non è molto diversificata.

Carlo Cavallone è Direttore Creativo Esecutivo dell’agenzia 72andSunny Amsterdam. Precedentemente, per quasi nove anni, ha lavorato in  Wieden+Kennedy Amsterdam come Copywriter per Nike, Coca Cola, Heineken e come Creative Director per EA Sports e Turkcell. Nel 2010 è entrato in 72andSunny LA come Creative Director per Sonos e Pirelli ed è tornato in Olanda nel settembre 2011 per coordinare gli incarichi globali di Pirelli, Benetton, Samsung e Bacardi.   Qui sotto alcune campagne firmate da lui.

https://www.youtube.com/watch?v=8oS3X0KjLVM

Google – Les Heures Magiques

Les heures magiques Google

Benetton – Unhate

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Cercare idee che trascendono le esecuzioni creative e vanno al di là dell’ovvio. La pubblicità ai tempi della diversità ultima modifica: 2015-11-06T08:58:48+01:00 da Redazione

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