Influencer Mktg, offerta sempre piu’ polverizzata. Il professionismo riguarda solo il 16% dei creator

L’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing rilascia un nuovo report sullo stato dell’arte di questa attivita’, ancora divisa tra professionismo e divertimento part time

Un ruolo giovane quello degli influencer, ma non esclusivo: il 38,3% risulta under 20, cifra che tocca quota 60% se si considera il cluster under 30. Un’attivita’ la cui offerta si sta sempre piu’ polverizzando (e segmentando, ndr): il 58,5% degli influencer contattati dichiara infatti di operare come creator da meno di un anno. Sono questi alcuni numeri dichiarati da Onim (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) che ha rilasciato un nuovo report sull’argomento.

Photo by George Pagan III on Unsplash

Tra i settori presidiati non stupisce il peso di quelli classici: fashion (20,3%), lifestyle (19,2%) e travel (15,2%) su tutti. Staccati food & beverage (7,8%), beauty (8,8%) e tecnologia (5,8%), settori invece estremamente richiesti e rilevanti per i brand e i loro progetti di Influencer Marketing come dimostrato dal primo report ONIM.

Instagram si conferma il canale dell’Influencer Marketing. Oltre la metà degli intervistati (53,2%) dichiara infatti di essere fortemente attivo su tale piattaforma. Segue, anche se ben distanziato, Facebook (18,5%), social di “base” a cui difficilmente si rinuncia. Seppur numericamente esiguo, importante il 9,2% ottenuto dai blog, a dimostrazione di quanto uno strumento dato troppo spesso per finito, in casi particolari, risulta ancora estremamente funzionale. Lontani Twitter, sempre meno rilevante, Linkedin, non di facile utilizzo, e Snapchat. Quest’ultimo sicuramente paga il successo di Instagram. Discorso particolare per YouTube che, pur essendo un canale certamente fondamentale nell’ecosistema Influencer Marketing, registra numeri ridotti (5,1%), causati nella maggior parte dei casi, dalla difficoltà del contenuto video non certo per tutti.

Un mercato, quello italiano, dove a farla da padroni sono i micro-influencer, complici anche le crescenti difficoltà di performance portati dagli algoritmi che gestiscono i principali canali.

I contenuti visuali si confermano quelli maggiormente utilizzati, sia per la capacità di cogliere l’audience che per le caratteristiche delle piattaforme utilizzate, Instagram su tutte. Le immagini sono lo strumento principale (il 66% le usa “molto spesso”), ormai base, per comunicare, seguite dalle Stories (il 35%), forma radicata nelle strategie di ogni influencer, e dai video, sempre più rilevanti, ma anche più complessi da realizzare con continuità.

Instagram si attesta come piattaforma cardine anche lato video: il 56,7% lo utilizza per pubblicarli. Seguono Facebook (21,9%) e YouTube (21,4%), nonostante le molteplici funzionalità dedicate.

La creazione dei contenuti per i brand resta la forma di collaborazione preferita dagli influencer, seguita dalla partecipazione agli eventi (meno considerata, ma sempre d’appeal) e dai progetti di ambassadoring che permettono agli influencer maggiore stabilità economica e la possibilità di essere più coinvolti nel progetto.

Interessante riflettere sull’alto gradimento ottenuto dal vivere un’esperienza originale, plus che spinge gli influencer ad accettare più facilmente una collaborazione e a vederli sicuramente più impegnati nella stessa. Il tipo di collaborazione desiderato dagli influencer rispecchia in modo abbastanza fedele la realtà. Sono infatti la creazione di contenuti, gli eventi e i progetti di ambassadoring la tipologia di collaborazione maggiormente proposta dai brand.

Circa le collaborazioni mensili realizzate, il 72,7% degli intervistati realizza da 1 a 3 progetti mensili, mentre c’è un 20,7% che ne porta avanti tra i 3 e i 7. Il 4,1% realizza da 7 a 10 progetti mensili e il 2,5% addirittura oltre i 10. Un eccesso che – secondo l’Osservatorio – rischia di incrinare la reputation dell’influencer e far perdere credibilità a lui e ai progetti in essere con i brand.

A ribadire ancor di più come il mercato italiano degli influencer sia ancora lontano da un reale professionismo è la limitata adozione da parte di questi di agenzie e team che li supportino nel loro lavoro e nella gestione dei progetti con i brand. Solo l’8,3% dichiara infatti di aver compiuto questa scelta. Un dato ribadito anche da chi, tra i creator, riesce a mantenersi con la propria attività. Accanto alle figure più celebri e discusse esiste una maggioranza (83%) che non riesce a mantenersi con le attività da creator. Un monito importante per i tanti che vedono sempre di più l’influencer come mestiere del futuro: affermarsi realmente (non solo a livello di performance) in questo scenario è un obiettivo più complesso di quello che si possa pensare.

Solo un minimo 16,5% degli intervistati dichiara di richiedere “Sempre” una retribuzione, mentre c’è addirittura un 24% che risponde “Mai”. La maggioranza (il 43,8%) si attesta su un “A volte”, che ben dimostra i passi necessari che queste figure devono compiere verso il professionismo. Una retribuzione che, quando avviene, è per lo più sotto forma di contributo economico (38,1%) o di prodotti omaggio (26,1%) ed esperienze gratuite (19,3%).

L’Influencer Marketing, dopo la crescita vertiginosa degli ultimi anni, sta attraversando un periodo di apparente maturità, provando ad andare oltre l’hype che lo ha accompagnato.

 

Influencer Mktg, offerta sempre piu’ polverizzata. Il professionismo riguarda solo il 16% dei creator ultima modifica: 2019-08-05T15:00:13+02:00 da Redazione

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