L’industria della pubblicità ha un problema di fiducia e deve affrontarlo prima che sia troppo tardi

È l’allarme lanciato da Keith Weed, CMO (in uscita) di Unilever e presidente dell’Advertising Association, nel corso della conferenza ISBA, a Londra.

Il problema riguarda il panorama britannico, dove il livello di fiducia nel 2018 ha toccato il punto più basso con il 25% dei consumatori che dà credito alla pubblicità. Per Weed il problema rischia di diventare sempre più grande se non lo si affronta subito ed stato creato da quelli che ha definito “i 7 peccati capitali” dell’advertising: una qualità sempre più bassa; le implicazioni dell’influencer marketing; le preoccupazioni sull’uso dei dati personali; la pubblicità dei brand che va a finanziare attività oscure online; le fake news; l’eccesso di personalizzazione; il bombardamento continuo cui sottopone i consumatori.

Tutti aspetti, ha aggiunto, che impattano sulla percezione che per persone hanno della pubblicità, come dimostrano i dati raccolti nel Libro Bianco della AA intitolato ‘Arresting the decline of public trust in UK Advertising’.

“Un brand senza la fiducia (dei consumatori, ndr) è solo un prodotto, e la pubblicità senza credibilità è solo rumore”, ha detto Weed suggerendo una serie di azioni che le aziende possono iniziare subito: ridurre l’eccesso di frequenza e retargeting, mostrare le best practice in fatto di protezione dei dati personali, fare in modo che gli interventi dell’Advertising Standard Authority rimangano fatti eccezionali, spiegare che la pubblicità è in grado di generare un cambiamento sociale positivo.

Per il presidente dell’AA c’è stata anche una sorta di ubriacatura nei confronti dei dati come panacea di ogni cosa: “ora che sappiamo cosa possiamo farci, è il caso di ritornare a fare quello che sappiamo fare meglio, cioè grandi pubblicità”.

L’industria della pubblicità ha un problema di fiducia e deve affrontarlo prima che sia troppo tardi ultima modifica: 2019-03-08T11:25:30+01:00 da Redazione

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