L’industry della pubblicità si schiera contro Apple e la nuova versione del browser Safari che blocca i cookie

L’impatto economico dell’ad-blocking nativo su Safari è stimato in circa 70 miliardi di dollari, ma entro fine anno dovrebbe arrivare anche la versione di Chrome con ad-blocking integrato.

Dietro le quinte del lancio del nuovo iPhone è scoppiato il caso iOS 11: la nuova versione del sistema operativo per i dispositivi mobili è infatti dotata di una tecnologia battezzata Intelligent Tracking Prevention (IPT) che ribalta le tradizionali procedure di tracciamento della navigazione su alcuni siti e limita le possibilità di captare la navigazione cross-device.

In pratica, iOS 11 – che viene rilasciato oggi per i dispositivi mobili e il 25 settembre nell’aggiornamento per desktop – utilizzando un modello di machine learning identifica quali cookie di prima parte sono accettati dagli utenti internet e quali siano invece di terze parti, distribuiti dagli advertiser: in questo caso, i cookie vengono bloccati dopo 1 giorno e cancellati definitivamente dal dispositivo dopo 1 mese, limitando la possibilità degli inserzionisti di tracciare quali siti siano visitati dagli utenti che usano Safari.

Il browser, per altro, è utilizzato dal 15% del totale degli utenti internet e quasi il 52% del mercato browser in USA, secondo fonti StatCounter.

LE ASSOCIAZIONI DELL’ADV IN RIVOLTA

Questo approccio ‘algoritmico’ ha scatenato le ire di 6 associazioni, tra cui IAB e la statunitense Association of National Advertisers, che hanno scritto ad Apple una lettera pubblicata dalla testata specializzata AdWeek in cui sostengono che l’integrazione della tecnologia che blocca i cookie limiterà la user experience e la possibilità di targettizzare le campagne. “L’infrastruttura dell’internet moderno dipende su solidi e generalmente accettati standard per i cookie, di modo che le aziende digitali possano innovare e costruire contenuti, servizi e pubblicità personalizzate per gli utenti e ricordare le loro visite”, si legge nella lettera, e “la mossa di Safari rompe questo standard rimpiazzandolo con un amorfo set di regole che escono dalla consuetudine e che urteranno la user experience sabotando il modello economico della rete”.

APPLE “AD TRACKING TROPPO PERVASIVO”

Dal canto suo, Apple ha sottolineato come “la tecnologia di ad tracking sia diventata così pervasiva che la maggior parte delle aziende del settore sono in grado di ricostruire lo storico di navigazione della maggior parte delle persone. Queste informazioni sono raccolte senza permesso e usate per fare re-targeting”.

Per Apple non è comunque la prima volta: già nel 2015 nell’aggiornamento di iOS aveva inserito la possibilità di fare ad-blocking su mobile, costringendo alcuni grandi editori ad accelerare l’adozione dei modello di abbonamento ma aprendo anche di fatto un’autostrada ad Amazon, Facebook e Google e i cui modelli sono molto più elastici nei confronti dell’ad-blocking.

L’impatto economico dell’ad-blocking nativo su Safari è stimato in circa 70 miliardi di dollari, ma entro fine anno dovrebbe arrivare anche la versione di Chrome con ad-blocking integrato. Da notare che in USA il regolamento della privacy è basato sul sistema opt-in, lo stesso di cui è prevista l’entrata in vigore anche in Europa nel maggio prossimo e che ha già fatto presagire scenari apocalittici per il mercato pubblicitario online. 

L’industry della pubblicità si schiera contro Apple e la nuova versione del browser Safari che blocca i cookie ultima modifica: 2017-09-19T13:36:34+02:00 da Redazione

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