Giovanni Pola, GreatPixel. L’effetto ‘wow’ dei primi chatbot è finito, ora è il momento per brand e retailer di considerare le interfacce conversazionali più evolute

Giovanni Pola, founder e CEO di GreatPixel, parla della diffusione dei chatbot, delle nuove funzionalità e di come inserirli tra i diversi touchpoint del percorso d’acquisto

Giovanni Pola

È il momento di far diventare ‘smart’ i chatbot o almeno di cominciare a pensare come farlo e quali vantaggi ottenere da questa evoluzione. Le interfacce conversazionali ‘dumb’, quelle basiche che oggi vengono usate sostanzialmente come sostituzione di un operatore telefonico, hanno perso l’effetto ‘wow’ degli esordi mentre si avvicina la nascita di una seconda generazione di ‘smart’ chatbot sviluppati su dimensioni diverse e più funzionali a user experience evolute.

In GreatPixel stiamo studiando una serie di contesti evolutivi, in particolare per l’AI applicata al retail, per la realizzazione di interfacce conversazionali in cui confluiscono più tecnologie così che i chatbot siano in grado di capire la risposta giusta per ogni utente a partire dalla comprensione del contesto specifico di ciascuno, con una maggiore aderenza alle esigenze personali.

Grazie al machine learning è anche possibile unire altre fonti per avere più informazioni di contesto dell’utente riconoscendo un mondo di dati esterno, dati che più che ‘big’ devono essere ‘clean’ per una reale integrazione nel processo di CRM, un passo fondamentale se non si vuole restare a un livello molto superficiale, e lavorando a una fusione di due mondi fin qui paralleli, design e marketing.

Sono convinto che la comunicazione passi da tante forme diverse e non credo che tutto il mondo possa diventare conversazionale, ma vedo crescere la consapevolezza di brand e retailer del ruolo dei chatbot come touchpoint lungo tutto il percorso d’acquisto: non più un ‘gadget’, ma un nuovo modo di pensare i servizi in modo che siano sempre più rilevanti per le persone utilizzando l’AI per effettuare di compiti specifici.

Le potenzialità dell’AI applicata al retailing sono tantissime e uno ‘smart’ chatbot può diventare un verso Personal Assistant, in grado di affiancare il consumatore in tutte le fasi del suo purchase journey: ispirando con suggerimenti, aiutando a scegliere con proposte alternative, riconoscendo l’utente attraverso lo storico degli acquisti in modo da non dover ripetere tutti i passaggi più noiosi che portano alla finalizzazione dell’acquisto, fino alle fasi del post-acquisto, con la raccolta di feedback, la gestione della spedizione o del reso. Un esempio strepitoso di questa nuova tendenza è lo ShopBot di eBay, con punti di forza che vanno dalla capacità di apprendimento alla ricerca per immagini.

Credo sia tempo di cogliere tutte queste opportunità e credo anche sia necessario proiettarsi su un orizzonte di più lungo termine senza per questo investire troppo e subito in tecnologia: avere una visione e procedere per via incrementale, modulando l’implementazione tecnologica in funzione degli obiettivi e dei KPI specifici da misurare: i tool di analytics per misurarne l’efficacia non mancano, dalle intenzioni rilevate alle risposte andate a buon fine, l’importante è ricordare che i consumatori sono sempre più esigente e da un chatbot davvero ‘smart’ si aspettano servizi che siano veramente utili, personalizzati, semplici e veloci e una forte coerenza con il tono di voce e i valori del brand.

di Giovanni Pola, founder e CEO di GreatPixel

Giovanni Pola, GreatPixel. L’effetto ‘wow’ dei primi chatbot è finito, ora è il momento per brand e retailer di considerare le interfacce conversazionali più evolute ultima modifica: 2018-10-16T11:17:40+02:00 da Redazione

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